Brindisi 6 gennaio 1944. Quel drammatico incidente aereo che ha unito in un abbraccio italiani e polacchi

di Giancarlo Sacrestano

Ci sono fatti e date che segnano la storia. La vicenda occorsa a Brindisi esatti 73 anni fa, supera i piccoli confini della nostra provincia ed unisce fino a saldare in un abbraccio due popoli solo geograficamente lontani. Quanto sia importante, forte e fraterno questo legame è ben descritto dalla tradizionale visita che autorità civili e militari, veterani, loro parenti e giovani studenti riservano alla base del distaccamento aeroportuale di Brindisi, dove omaggiano, in suggestive e toccanti cerimonie, la memoria degli aviatori di Polonia e di quegli straordinari agenti della resistenza polacca, i cichociemni, la cui preparazione militare è diventata esempio per i reparti di pronto intervento ed antiterrorismo di molti eserciti. Avendo il privilegio di partecipare ogni volta alle cerimonie, non posso nascondere l’emozione per il calore umano, la forte e naturale simpatia che si instaura fin dal primo saluto e l’amichevole esigenza reciproca di costruire legami più stretti, condividendo il concetto per cui sono molte le cose che ci uniscono e poche, davvero poche quelle che ci separano. Il pomeriggio del 5 gennaio 1944, nonostante su brindisi impervessassero condizioni meteo terribili, fu deciso di inviare in Polonia, in un volo che non prevedeva scali intermedi tra andata e ritorno, tre B 24 “Liberator” e un “Halifax”.

gli uomini del reparto di volo, da pochi giorni insediatosi a Brindisi, come pure gli agenti speciali dell’esercito nazionale – il principale movimento di resistenza nella Polonia occupata dai nazisti – desiderosi di aiutare il proprio Paese in difficoltà, non ritennero quel tempo di burrasca un ostacolo sufficiente. Decollarono anche contro le disposizioni degli inglesi, che solitamente coprivano le incursioni aeree del reparto brindisino con altri loro velivoli. Quel giorno annullarono ogni volo di copertura alla missione polacca che aveva il compito di scaricare sugli obiettivi in Polonia rifornimenti e assistenza al movimento di resistenza. 2 B 24 “Liberator” andarono distrutti, 15 aviatori morti e gli altri due aerei risultarono al termine, bisognosi di riparazioni. Questo il tragico risultato di quel tentativo necessario, quanto estremo di far sopravvivere il diritto alla libertà, che mai può essere schiacciato da qualsiasi tirannia. Il bombardiere Halifax, che oltre all’equipaggio aveva a bordo col fine di paracadutarli, alcuni membri della resistenza polacca, dovette rientrare a Brindisi dove atterrò con non poche difficoltà, dopo aver interrotto il volo a causa delle grandi turbolenze sui cieli jugoslavi.

 Il primo B 24 “Liberator” invece, pur avendo raggiunto i cieli polacchi non svolse con precisione la missione. Ritornato nelle prossimità di Brindisi intorno alle 5 del 6 gennaio, non fu assistito dalle luci notturne del campo Casale, spente per una interruzione elettrica e dovette attendere in volo intorno all’aeroporto sino alle prime luci dell’alba quando potè atterrare.

L’equipaggio del secondo B 24 “Liberator” aveva eseguito correttamente le operazioni di scarico in Polonia, quando, poco dopo l’aereo era stato fatto oggetto del fuoco pesante dell’antiaerea tedesca, risultando danneggiato. Nonostante l’avaria che aveva reso inservibile un motore su quattro, è tornato sino alla base di Campo Casale. Il forte vento e la pioggia battente resero ancora più concitate le operazioni di atterraggio. L’aereo girò sull’aeroporto per circa un’ora, quando durante una virata entrò in stallo ammarando nel bacino portuale di Brindisi a poche centinaia di metri dalla pista. Tutti i membri dell’equipaggio annegarono tranne il co-pilota Cap. K. Dobrowolski. Le sorti più drammatiche sono quelle che hanno riguardato invece gli uomini dell’equipaggio del terzo B 24 “Liberator” comandato dal capitano Paszkiewicz, che non riuscì a riconoscere in Polonia la struttura di ricezione del suo carico. Durante il ritorno all’aeroporto di Brindisi, le condizioni non permisero anche a lui di riconoscere la pista. Probabilmente a causa della necessità di atterrare in uno dei campi di aviazione limitrofi, San Pancrazio, Leverano o Grottaglie, il comandante decise di sorvolare Campo Casale e cercare di raggiungere il campo di volo di Grottaglie a circa 40 chilometri da Brindisi. 

La mancanza di visibilità, il freddo, la pioggia, non consentirono al pilota di tenere la quota anche a causa del carico pesante delle armi presenti nei vassoi che non erano stati sganciati finendo con lo schiantarsi contro un’abitazione al centro del comune di Villa Castelli ultimo sperone collinare prima della piana del campo di Grittaglie. L’impatto avvenne alle 5,45 proprio sulla strada principale del paese, distruggendo l’edificio del civico 142 di via Vittorio Emanuele. Sotto le macerie del palazzo rimasero uccise 5 persone, tutte componenti della famiglia Gioia. Una persona invece, rimasta ferita, la moglie del capofamiglia, è stata rinvenuta ancora viva dopo due giorni dal crollo. Nel 70° del drammatico incidente, a Villa Castelli è stata scoperta una lapide. Inizialmente, gli aviatori furono sepolti nel cimitero a Brindisi, dopo la guerra le salme furono riesumate e trasferite nel cimitero di guerra polacco di Casamassima, nel quale è riservata ai piloti del reparto di volo brindisino, una particolare sezione.