Chierichetti violentati per anni dal parroco e la Chiesa brindisina taceva. Don Peschiulli: “Se parlo io, altro che scandalo”

di Gianmarco Di Napoli

Un sacerdote pedofilo che ha tormentato per decenni i ragazzini che frequentavano la sua parrocchia, una Curia che ha coperto le sue nefandezze perché probabilmente c’erano altri intrecci morbosi da tutelare nell’ambiente ecclesiastico brindisino: l’arresto di don Giampiero Peschiulli non solo pone fine a un incubo per almeno due generazioni di giovani che sono cresciuti nel terrore, nello schifo, nell’angoscia, nel segreto, vittime di abusi sessuali nel posto in cui si recavano per pregare, tormentati prima, durante e dopo le messe, insidiati durante le confessioni. Ma apre scenari molto più inquietanti di complicità o quantomeno consapevoli omissioni, come quella che avrebbe compiuto l’ex arcivescovo di Brindisi, Rocco Talucci, che invitò i genitori di minorenni che si erano recati da lui a denunciare gli abusi a lasciar perdere, a non parlarne in giro. E permise a don Giampiero di restare al suo posto, per altri 13 anni, fino alla vicenda giudiziaria.

Le intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri dopo il servizio messo in onda dalle Iene dimostrano che il sacerdote si era sentito sino a quel momento tranquillo perché custode di altri presunti intrecci morbosi che a suo dire avrebbero coinvolto altri parroci brindisini e che se avesse deciso di parlare rischiavano di provocare un terremoto.

Le vittime. Due sono i ragazzi, uno che sta per compiere 18 anni e l’altro di un anno più giovane, che sospinti dall’onda emotiva scatenata dal servizio mandato in onda dalle Iene sulle effusioni “rubate” con telecamera nascosta al “prete pomicione”, hanno deciso di liberarsi di un fardello che si sono portati silenziosamente dentro per anni. Non è stato semplice per loro, ancora prigionieri di una parte della loro vita che avevano tentato faticosamente di tenere da parte, raccontare tutto. Sono arrivati nella caserma dei carabinieri accompagnati dai genitori, ma poi hanno chiesto loro di allontanarsi al momento di raccontare quello che era accaduto per anni, pregiudicando il loro rendimento scolastico, provocando dei profondi mutamenti caratteriali. Prigionieri di quel sacerdote che con la sua autorità e i suoi modi li metteva in condizione di non reagire.

Le accuse. Non entreremo volutamente nei particolari dei racconti quasi identici forniti dai due ragazzi, che pure hanno vissuto il loro incubo in tempi diversi. Ma molti degli abusi subiti negli anni sono simili a quelli tentati dal don Giampiero davanti alle telecamere nascoste delle Iene. Baci, abbracci forzati, mani che si intrecciavano come fidanzati, o che scivolavano giù. I piccoli chierichetti subivano le attenzioni del parroco quando già egli vestiva l’abito per la celebrazione della messa, oppure se i piccoli salivano su una piccola scaletta per prelevare il calice sacro dall’armadietto, ma soprattutto sulla scrivania della sacrestia che Peschiulli utilizzava a mo’ di salottino. Il parroco amava intrattenersi con i maschiett,i mentre le ragazzine le liquidava in fretta e le teneva lontane raccomandando ai suoi chierichetti di stare lontani da quelle “zoccolate che vogliono fare solo sesso”.
I ragazzini quando tornavano a casa non avevano la forza neanche di incrociare lo sguardo dei loro genitori, si chiudevano in se stessi, avevano anche paura di uscire perché abitavano nelle vicinanze della parrocchia e avrebbero potuto incontrare il loro incubo.
“Io andavo e vado in chiesa a fare il chierichetto perché credo in Dio. Però quelle attenzioni di don Giampiero erano un po’ come qualcosa che mi rovinava la festa. Erano ricordi che avevano rimosso, solo oggi mi sono svegliato”, ha raccontato ai carabinieri uno dei due ragazzi.

Richieste inascoltate. Uno di loro decise anche di parlare in classe, confidandosi con l’insegnante delle scuole superiori. Ma questa tenne per sé la cosa: “Nelle settimane successive non fece più riferimenti alla vicenda e pensai che il problema fosse superato”, si è giustificata la docente, interrogata dai carabinieri.
In realtà le testimonianze raccolte dagli investigatori sono molto più numerose e circostanziate, con vittime di presunti abusi che hanno raccontato di aver subito le attenzioni del parroco sin dal 2002, ma i reati sono ormai prescritti e dunque possono essere solo acquisite per rendere il quadro probatorio ancora più devastante.

L’inchiesta. Le indagini dei militari del comando provinciale di Brindisi sono scattate il 15 settembre scorso quando, mentre il parroco telefonava al 112 denunciando di aver subìto una sorta di aggressione all’interno della sua chiesa da parte di un uomo e una donna con una telecamera, Senza Colonne News rivelava con un articolo on-line e un video che in realtà il sacerdote si era barricato in chiesa buttando fuori una troupe delle “Iene” che era giunta per chissà quale motivo.
Nelle ore successive alla pubblicazione della notizia sulla pagina Facebook di Senza Colonne c’era stata un’autentica pioggia di commenti che adombravano strani comportamenti del parroco, soprattutto nei confronti dei giovanissimi fedeli. Sembrava in qualche modo che su internet la gente avesse trovato la forza di dire ciò che per anni era stato tenuto nascosto, volutamente taciuto.
La circostanza non era sfuggita al comandante del Nucleo operativo dei carabinieri, il colonnello Alessandro Colella che, d’accordo con il pubblico ministero Giuseppe De Nozza, aveva voluto vederci chiaro.
Il primo passo fu un colloquio con il giornalista delle “Iene” Giulio Golia che confermò di essersi recato nella chiesa di Santa Lucia perché nel mese di aprile aveva ricevuto la mail di un brindisino che sosteneva di aver subìto avance sessuali dal parroco e che temeva che le stesse attenzioni potessero essere state rivolte a ragazzini.

A questo punto i carabinieri hanno contattato alcuni degli utenti di Facebook che avevano scritto commenti precisi sulla pagina di Senza Colonne. Tra questi c’erano alcuni ragazzi che frequentavano il centro giovanile della parrocchia e che hanno confermato di aver subìto sin dal 2002 le attenzioni morbose del parroco. In particolare anche due fratelli. I loro genitori hanno raccontato che si erano rivolti con insistenza all’arcivescovo dell’epoca, Rocco Talucci, il quale – dopo aver espresso meraviglia sul fatto che i ragazzi avessero parlato di molestie ricevute in chiesa – aveva invitato le vittime degli atti sessuali a non denunciare la vicenda e a non parlare con altri.
Perché Talucci non prese alcun provvedimento contro don Peschiulli, lasciandolo nella parrocchia di Santa Lucia? E come mai chiese ai genitori dei due ragazzini di non parlare con nessuno delle molestie sessuali subite dal parroco?

I silenzi della Chiesa. Alcune risposte sembra fornirle lo stesso sacerdote in alcune conversazioni con una donna (la sua perpetua) intercettate dai carabinieri nei primi giorni d’inchiesta. Nel corso delle telefonate, il parroco si giustifica dicendo che in fondo “se quelli si stavano, allora gli è piaciuto”, scambiando la vera e propria paralisi che coglieva i ragazzini quando metteva loro le mani addosso per una loro presunta accondiscendenza. E la donna gli dà pure ragione. Ma le conversazioni vanno ben oltre alla pedofilia del parroco. Don Giampiero fa capire chiaramente alla sua interlocutrice (che dimostra per altro di esserne bene a conoscenza) che se dovesse parlare lui gli ambienti della chiesa brindisina tremerebbero “e più di qualcuno dovrebbe spogliarsi degli abiti” (in senso, stavolta, religioso).
Si va da presunto casi di esorcismi effettuati a pagamento (50 euro per diavolo cacciato via) a storie rosa che vedrebbero protagonisti altri parroci brindisini (“che c’hanno l’amico”).
“Non c’è peggior cosa di quando la Chiesa si mette contro la Chiesa, ah se parla don Giampiero”, gli dice la signora che pare essere donna di mondo e bene informata di come vanno le cose. Nella conversazione si parla di Talucci che avrebbe “imboscato determinate denunce che sono state fatte alla Curia negli anni passati. Denunce che l’attuale arcivescovo, Domenico Caliandro, avrebbe messo a disposizione dei carabinieri.
“Se fosse rimasto Talucci avrebbe preso in mano la situazione”, osserva don Giampiero parlando della sua vicenda giudiziaria.
Nei giorni convulsi della pubblicazione del servizio delle Iene, don Giampiero si mette in contatto con Talucci ma nel frattempo cerca di far desistere il nuovo arcivescovo dal rimuoverlo, nonostante le pesantissime accuse e lo smacco che aveva subìto su scala nazionale la chiesa brindisina. E non c’era andato per le vie spicce Peschiulli, scrivendogli una lettera nella quale addirittura lo rimprovera di non seguire papa Francesco: “Eccellenza, non si preoccupi degli scandali”, scrive a Caliandro, “che se scandali ci dovessero essere, in quante parrocchie! Prenda (…), e in casa sua, lei tiene gli scandali”.
La risposta di Caliandro arriva con una nota diffusa oggi, dopo l’arresto: “In seguito agli sviluppi del procedimento penale che ha coinvolto un parroco della città di Brindisi, l’Arcivescovo mons. Caliandro, sulla base degli elementi finora emersi, manifesta anzitutto la sua sincera partecipazione alla sofferenza di chi ha subito azioni riprovevoli. Ove accertati fatti del genere, la ferita inferta alla dignità umana e cristiana delle vittime è veramente grave, ancor più se proviene da chi avrebbe dovuto custodirle e farle crescere nel bene. Se un sacerdote cade in questi comportamenti tradisce la sua missione. Ciò è motivo di grande tristezza per tutti. A maggior ragione l’Arcivescovo invita i fedeli a intensificare la preghiera e l’impegno affinchè il male non abbia mai l’ultima parola. Al tempo stesso desidera incoraggiare le singole comunità cristiane della diocesi, dove tanti sacerdoti, fedeli alle loro promesse, danno la vita ogni giorno per il bene delle anime”.


In realtà don Giampiero non appare eccessivamente depresso per l’incursione delle Iene. Tanto che tra una telefonata e l’altra con i gli amici, chiama un paio di prostituti brasiliani i cui numeri di telefono ha trovato su internet, per fissare appuntamenti a Lecce.
Del resto il computer della parrocchia non lo usava solo per questioni religiose. Gli esperti dei carabinieri che lo hanno esaminato dopo il sequestro hanno rinvenuto tracce di numerose immagini di rapporti omosessuali, molte delle quali tra ragazzini.
Il silenzio della chiesa sul prete durava in pratica da mezzo secolo.

Mettendo mano al suo fascicolo, gli investigatori hanno scoperto che aveva avuto i primi guai nel 1965 quando aveva mostrato atteggiamenti morbosi nei confronti di alcuni seminaristi.
Nonostante tutto questo, per mezzo secolo a don Peschiulli era stato consentito di continuare a fare il parroco e a trascorrere ore e ore in sagrestia con tre generazioni di bambini. La conferma di come vanno le cose in certi ambienti si è avuta in questi mesi. Quando il parroco è stato costretto a lasciare la canonica in fretta e furia (e anche la città) perché tirava aria pesante nei suoi confronti (scritte e minacce verbali), non si è mica ritirato in convento. Un suo amico sacerdote lo ha chiamato in uno storico paesino del Lazio e gli ha affidato le mansioni di vice parroco: nonostante il servizio delle Iene e le accuse di pedofilia, gli era consentito ancora di celebrare funzioni religiose, avere a che fare con i bambini del catechismo e con quelli che servivano messa. Per altro in una zona in cui nessuno conosceva la sua identità e le vicende che lo avevano portato a “fuggire” da Brindisi.

L’arresto. A questo punto il pm Giuseppe De Nozza ha ravvisato chiaramente il rischio che potesse tornare a commettere reati nei confronti di bambini e ha deciso di tutelare tutti, chiedendo e ottenendo un’ordinanza di arresti domiciliari. Il parroco, tornando più volte a Brindisi, soprattutto di notte, avrebbe potuto tentare di condizionare i testimoni e inquinare le prove. Per questo da stamattina il sacerdote è detenuto in casa.
E nessuno si azzardi a dire amen.