Virginia, la “ladra di facce”, strega il pubblico brindisino al Nuovo Teatro Verdi

La “ladra di facce”, Virginia Raffaele, ha riempito il Teatro Verdi giovedì 12 gennaio in ogni ordine di posto e lo ha conquistato tutto!

È una che “non riesce proprio a rimanere se stessa”, che indossa e leva maschere, calandosi completamente nei panni dell’”ospite” di turno. Quasi una possessione. Si insinua nei loro “ultracorpi” e questi, a loro volta, la catturano e si fondono con lei, dando vita a personaggi di un tale realismo, che nemmeno l’enfatizzazione dei difetti, delle debolezze e dei tic riesce a rendere paradossale o non credibile.

Un’artista completa Virginia Raffaele: canta balla imita inventa e fa tutto bene, tutto al massimo livello. E, aspetto per nulla trascurabile, è bellissima, sinuosa, alta, magrissima e seducente!

 Marina Abramović è l’imitazione che fa da filo conduttore dello spettacolo. L’artista concettuale bulgara, nota per le sue crude e audaci “performance” (parola che, dal titolo, torna ossessivamente ad ogni sua apparizione), viene fuori ad ogni cambio di personaggio. ‘Virginia non è Virginia, Raffaele non è Raffaele, Performance è performance’”.

Un “one woman show” affollatissimo di racconti e di donne: un’ora e quaranta minuti in cui l’attrice non si risparmia e si consegna totalmente al pubblico.

L’artista non scompare mai dalla scena: le performance sfumano in dialoghi mediante specchi e geniali proiezioni video con le quali la Raffaele interagisce attraverso  sei lunghi monitor rettangolari multimediali che vengono utilizzati in modo strategico per coprire gli spazi di tempo necessari per indossare una maschera nuova. Vere e proprie “installazioni umane” come le ha definite il regista Giampiero Solari.

La criminologa Roberta Bruzzone, vedette noir della tv generalista, tutta vestita di pelle nera, è ritratta come un’eroina horror: circondata da schizzi di sangue ironizza su Virginia Raffaele definendola “una donna dalle mille facce, dalle mille personalità, alla ricerca di se stessa”. Sullo sfondo, la stessa Raffaele tenta di entrare in scena ma gli specchi che circondano la Bruzzone glielo impediscono.

Dopo di che, entra in scena l’ex first lady Francesca Pascale, sguaiata nella sua napoletanità che si nutre di facili doppi sensi e mette in scena il “Cabaret del Cavalier”. Racconta di quando ha conosciuto “il suo ragazzo” Silvio («quando era giovane e ancora incensurato») e di quanto sia stata felice la loro vita insieme. Ma ora che non è più premier è pronta a farlo fuori: «Organizzerò l’ultima cena elegante e prima che Apicella canti tre volte lo tradirò», consapevole però che il suo «ragazzo andrà in Paradiso perché anche i peccati cadono in prescrizione».

Tra giochi di specchi e infiniti multipli della Raffaele, tra le nuvole appare una evanescente Maria Elena Boschi che, levitando sulle note di “Un homme et une famme”, pronuncia un’unica parola: «concretamente».

Quando, ancheggiando vistosamente, arriva Belén Rodriguez in abiti succinti, il pubblico la accoglie con l’applauso fragoroso che si riserva a un “cult”. “Sono 7 secondi che non posto una foto su Instagram!” esordisce Belèn. Scende in platea, interagisce col pubblico, in un marcato accento argentino. «Ma quanti paparazzi! Sono molto emozionata, non mi è mai capitato di stare in mezzo a tanta gente vestita».  Ossessionata da media e social fa selfie con tutti, si adagia languidamente sulle poltrone. Parla della separazione dal marito (“Ma come si chiama; De Martino o Di Martino? Perché non so a chi mandare le carte del divorzio!”): «Quando ci siamo sposati siamo entrati nel tunnel della monogamia. Siamo andati in crisi e abbiamo fatto diverse sedute di coppia dal nostro ufficio stampa: quindi abbiamo deciso di lasciarci». Parla della nascita del piccolo Santiago, della responsabilità che la maternità comporta: «Crescere un figlio è come aprire un nuovo social network: ogni volta devi cambiare la cover, devi alzarti di notte per fare un selfie, ma se non ti va puoi mettere la vibrazione». Esce citando Wilde. Sullo sfondo una copertina in cui la foto di Belèn invecchia al posto suo.

In un caleidoscopio nel quale i volti non si distinguono più dalle maschere, la Raffaele porta in scena un personaggio toccante: Paula Gilberto Do Mar, poetessa trans (che nella realtà non esiste). “Chi sono? Io sono poessia” e racconta il dramma di sentirsi prigioniera in un corpo che non le appartiene.

Amo questo mondo colorato e folle che sembra un po’ lontano da noi, eppure è così vicino – ha detto la Raffaele in un’intervista – basta guardarsi intorno”.

Performance is Art, Art is Body” recita Marina Abramovic come un mantra, prima che appaia il personaggio strepitoso di Ornella Vanoni, un po’ vaneggiante per l’età, ma sempre sulla breccia. La Raffaele riesce perfettamente a riprodurre la voce della mitica cantante della mala, sia quando parla che quando canta, mettendo in evidenza oltre alle qualità comiche, doti canore veramente di alto livello. «Nel ‘59 quando mi trovai davanti a Strehler tremavo come Mina davanti alla Guardia di finanza. (…) Nel ‘69 la Patty Pravo era ancora carina, non aveva la faccia di Fantomas che ha adesso e si capiva ancora quello che diceva. Adesso ci vuole Olga Fernando per tradurre! E poi mi offriva le sigarette simpatiche». Si rivolge al pubblico prendendolo in giro: «Che mortorio, sembra un concerto di Finardi». Poi un ricordo delle Gemelle Kessler “hanno evitato Norimberga per un soffio”. Si esibisce in uno spassoso rap con “Maria Salvador” di J-AX, continuando a spettegolare sulle love story con Strehler e Gino Paoli.

Virginia e i suoi personaggi regnano sul palco. Lei è una, nessuna e centomila. Unica altra presenza “umana” nello show è quella del maestro Teo Ciavarella che impreziosisce le varie performance con il suono del pianoforte ed è protagonista di un battibecco memorabile con la Vanoni “Abbiamo fatto l’amore per caso, io e lei?”.

Un altro personaggio cult di Virginia, irrompe sul palco: anche questo inventato, ma assolutamente verosimile. È Giorgiamaura, la sfortunatissima cantante salentina aspirante al banco di Amici. Saluta il pubblico “’Ntra lu core, ‘ntra la capu!”. Sbandierando il proprio motto: “Ho un sogno e lo voglio sognare, ho un obiettivo e lo voglio obiettare…” e denunciando la “chiusezza” di chi non apprezza il suo talento, rappresenta l’illusorietà di un’aspirazione velleitaria non supportata da cultura e preparazione.

Virginia esce di scena e poi rientra. Sembra che lo spettacolo sia finito. Raccoglie gli applausi. Esce di nuovo.

Si odono le note de Il lago dei cigni ed entra il mito della danza: Carla Fracci. Altera ed eterea l’étoile incanta il pubblico come già accadde dal palco dell’Ariston.

Dopo averne visto il volto sui monitor ad ogni cambio di personaggio, vestita di rosso, appare Marina Abramović, nella parodia della performance The Artist is Present  che l’artista bulgara ha rappresentato al MoMa di New York nel 2010. Mentre si esibisce, la Raffaele tenta di entrare in scena, ma gli specchi attorno alla Abramović glielo impediscono. “Double-body. Every-body. No-body. Questo non è gioco. Questo è performance. Se no spacco botilia…

Il vestito rosso viene via e compare la “vera” Virginia Raffaele.

E’ intelligente questa donna. Per tutta la durata dello spettacolo, ha lasciato che i suoi personaggi la prendessero in giro con epiteti anche forti, come “giullare senza personalità”, in un gioco di ironia e autoironia, che evidenzia le debolezze dei suoi personaggi forse, per esorcizzare e sublimare le proprie.

Questo lavoro è un’interpretazione delle anime altrui – ha confessato l’attrice in un’intervista – Le prendo in prestito. È come se provassi a entrare nei personaggi che metto in scena e i personaggi stessi mi respingessero perché sul palco regnano loro. Io insisto, ci metto quello che ho dentro e viene fuori un respiro vero e verosimile. Li faccio parlare per dire cosa rappresentano per me. Vengono fuori il superfluo, le contraddizioni, la malinconia, la doppiezza. Si ride, ma non solo”.

Viene dalla gavetta Virginia Raffaele, da un lavoro duro, da uno studio profondo della psicologia dei personaggi. Nata in una famiglia circense e dopo un’infanzia trascorsa al Luna Park dell’Eur a Roma, frequenta l’Accademia Teatrale Europea del Teatro Integrato Internazionale e l’Accademia Nazionale di Danza. È la prova vivente che il vero successo arriva dopo lunghi anni di impegno e sacrifici. Una lezione per i giovani di oggi.

«Performance is art, Performance is Virginia Raffaele, Virginia Raffaele is art».

Un plauso particolare alla Direzione del Teatro Verdi per l’ottimo cartellone di quest’anno.

VIRGINIA RAFFAELE, PERFORMANCE
regia di Giampiero Solari
scritto da Virginia Raffaele, Giampiero Solari, Piero Guerrera e Giovanni Todescan

Musiche Teo Ciavarella

Prodotto da ITC2000

Giusy Gatti Perlangeli