Michelutti, come essere splendidi primi anche rimanendo sempre secondi

di Gianmarco Di Napoli

Non ci saranno pranzi d’addio, premi speciali e discorsi di commiato per Daniele Michelutti che dopo sei anni lascia la panchina dell’Enel Brindisi, dopo essere stato il vice di Giovanni Perdichizzi, Luca Bechi e, soprattutto, Piero Bucchi . E’ il destino di chi sceglie di percorrere la propria vita lontano dal mirabolante mondo della notorietà sportiva, degli autografi e delle foto ricordo, delle domeniche sportive in tv e delle cene di gala, sempre un passo indietro dal faro della notorietà.
Michelutti ha il carattere rude, ritroso, severo, tutt’altro che amabile, della gente della “piciule patrie”, il Friuli, terra di mirabolante incrocio genetico tra stirpi neolatine, germaniche e slave. E’ nato a Fagagna, seimila anime, dove 100 anni fa fu firmata la dichiarazione di guerra all’Impero Austro-Ungarico.
A Brindisi era sbarcato a 31 anni, dopo aver fatto il vice a Udine e Avellino. Fu la stagione peggiore per l’Enel, quella della retrocessione in Legadue. La squadra venne rivoluzionata ma Piero Bucchi, chiamato per tentare l’immediato riscatto, si guardò bene dal mandarlo via. E fu, probabilmente, la decisione tecnica più oculata della sua carriera brindisina.
Presto si dimenticherà quanto il lavoro di Michelutti abbia inciso sui risultati ottenuti dall’Enel negli ultimi cinque anni, per lo stesso motivo per cui se si pensa all’Italia ’82 si ricordano i gol di Paolo Rossi e non i takle di Oriali. E gli almanacchi celebrano solo i capi allenatori, mica quelli che hanno diviso con loro la gioia di ogni vittoria e i bruciori della sconfitta.
E’ il destino di chi sceglie una vita da mediano e Daniele l’ha probabilmente voluta da subito, proprio per quella sua ritrosia ad apparire, uomo in tuta e scarpette che non ama la vita notturna ma che non disdegna – da buon friulano – la buona cucina e l’ottimo vino. Parlando sempre di basket, s’intende.
Probabilmente non sceglierà mai la carriera di capo allenatore, nonostante ne abbia le capacità, puntellate da un’esperienza ormai ultradecennale. Resterà un passo indietro, come sempre. Magari seguendo ancora Piero Bucchi in una nuova avventura, o al “servizio” di un altro coach, senza dubbio molto fortunato.
A Brindisi (dopo 232 partite) lascerà uno splendido ricordo, avendo dimostrato di come si possa essere splendidi primi anche rimanendo sempre secondi.