Diritti, diritti e diritti. Ma qualche dovere no?

Premesso che tra un’esagerazione e l’altra, io non avrei alcun dubbio su quale delle due preferire -assolutamente meglio che si esageri nei diritti se l’alternativa dovesse essere quella di non riconoscerli a sufficienza tutti quei diritti- credo proprio però, che quella prima esagerazione, ormai ampiamente diffusasi e molto di moda tra noi cittadini italiani, potrebbe purtroppo finire col pregiudicarci.
E certamente non ci pregiudicherà a fronte di qui paesi, ancora oggi purtroppo numerosi, nei quali si pratica l’esagerata negazione di tanti di quei sacrosanti diritti, ma a fronte di quegli altri paesi nei quali, affianco ai molti “diritti” riconosciuti ai propri cittadini, si propugnano e si richiedono con uguale enfasi e insistenza a quegli stessi cittadini anche molti “doveri”.
Lo spunto per queste riflessioni, come spesso succede quando mi accingo a scrivere su questo blog, me lo danno i titolari dei giornali. Eccone, tra i tanti, due dei più attuali:
“La Corte Costituzionale boccia il decreto legge con il quale si erano sospesi, per le sole pensioni più alte, gli adeguamenti automatici legati all’incremento del costo della vita”.
“I Cobas della scuola sfidano il Garante e insistono nello sciopero con il quale si pretende sospendere gli scrutini di fine anno scolastico, per protestare contro la riforma della scuola”.
Si tratta evidentemente di due questioni veramente molto importanti e molto complesse, impossibili in se da affrontare in un Blog di poche righe: e in effetti non è mia intenzione farlo; solo le ho scelte e le commento brevemente per prenderle a pretesto e poter segnalare l’importanza e la necessità, specialmente per i più giovani, di non dimenticarsi dei doveri.
Nel primo caso, la decisione della Corte Costituzionale si appoggia sul “evidentemente giusto” principio del non disconoscimento di un “diritto acquisito” e nel secondo caso, si tratta in qualche modo della stessa cosa: quando infatti non si accetta una riforma che, per esempio, pretende legare la remunerazione dei professori al loro merito, quello che si sta difendendo è il “diritto acquisito” dei professori a non essere remunerati in funzione del merito, ma di esserlo in maniera automatica, e a prescindere!
E poco importa se, in ambedue i casi, l’applicazione di un “diritto” comporta una qualche ingiustizia o un qualche danno …per gli “altri”, cioè per i non usufruenti di quel “diritto” e poco importa se quegli “altri” sono molti o se sono addirittura il resto dell’intera popolazione. E già! Peccato però che così facendo, alla lunga, finiranno con l’essere sempre più pregiudicati i tanti meno abbienti a favore dei pochi soliti noti, ben abbienti e “marpioni”.
Eppure il famigerato decreto sul blocco dell’indicizzazione delle pensioni alte colpiva, di fatto e principalmente, chi percepiva tra quattro e sei o ancor più volte la pensione minima… e poi, che le risorse sociali a disposizione dello stato italiano non siano poi così abbondanti, è anche un fatto troppo ben risaputo.
E se la Costituzione dispone che le pensioni devono assicurare ai lavoratori «mezzi economici adeguati» per vivere, come sostenere che coloro che percepiscono pensioni superiori di sei volte il minimo non abbiano mezzi adeguati alle esigenze di vita? E per gli altri allora, che dire? Eppure non ci si è più volte lamentati del fatto che il sistema previdenziale italiano ha tradizionalmente e ingiustamente avvantaggiando le fasce più forti e non le più deboli?
Del resto, se la spesa per pensioni in Italia, pari al 16,5% del Pil, è la più alta tra i paesi avanzati, non vorrà probabilmente anche significare che per aiutare i pensionati meno abbienti la strada più corretta è quella della redistribuzione di questa spesa?
E sulla scuola il discorso si fa ancor più scabroso quando si ascoltano affermazioni del tipo: «La valutazione dei docenti come accesso a un migliore o peggiore stipendio è inaccettabile e la logica meritocratica deve essere rifiutata».
E già! Per quanto clamorosa, tale affermazione non costituisce purtroppo una novità: il merito nel conseguimento di un lavoro è da molto tempo sempre meno rilevante nella società italiana rispetto all’incidenza che invece hanno le conoscenze personali con annesse raccomandazioni. Se il merito non facilita trovare lavoro, perché dovrebbe contare per valutare i docenti, e quindi gli studenti?
Il risultato? Di nuovo quello di danneggiare le famiglie meno abbienti. Quelle più abbienti infatti, hanno più altolocate conoscenze personali e comunque possono sopperire una scuola pubblica mediocre che rifiuta la logica meritocratica, pagando studi di recupero o addizionali, magari anche all´estero.
A questo punto per continuare il discorso si dovrebbe forse cominciare a ripetere gli stessi concetti, o forse si potrebbero richiamare tanti altri possibili esempi. O magari si dovrebbe ricorrere alla pratica, che però risulta spesso antipatica, di fare paragoni diretti con molti degli altri paesi avanzati, sia quelli di oltreoceano e sia anche con alcuni tra quelli più vicini al nostro, diciamo europei… Meglio, credo, che ognuno -specialmente se giovane- rifletta nel proprio intimo e provi liberamente a giudicare.
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